Ogni persona, senza alcuna distinzione di sesso ed età, era o è stata in cerca di lavoro salariato, quel tipo di lavoro che ci permette di avere libero accesso a beni e servizi di ogni tipo. Vendiamo il nostro tempo ed affittiamo le nostre competenze a un’industria che, nella migliore delle ipotesi, ci sfrutterà fino a quando saremo in grado di produrre, in quanto risorse umane.
Nel momento in cui il sistema subisce colpi e la sua maschera di assoluta efficienza cade, ecco che al suo interno iniziano movimenti per ristabilire il precedente (presunto) equilibrio. Questi spasmi sistematici sono palesemente volti a impedire il superamento di una società insostenibile, ecologicamente e socialmente parlando.
Puntualmente, quando la facciata di sicurezza dello status quo vacilla, il politico di turno si scaglia contro i classici nemici del cittadino e del lavoratore, a seconda della propria appartenenza politica. Il suo modo di operare rientra nell’ottica dell’ingranaggio: ogni problema si risolve con un nuovo problema. Di conseguenza, l’indignazione popolare aumenta, insieme ai profitti di aziende e multinazionali, con la benedizione di Vaticano e Stato. È in questo momento che, per tornare alla “normalità”, le fazioni politiche iniziano la loro propaganda di un modello di vita per tutti: nasci, studi, lavori se sei fortunato, altrimenti passi allo step successivo, ossia la morte. D’altra parte, il cittadino è questo che vuole, continuare a chiedere diritti sul posto di lavoro salariato, invece di abolirlo.
L’economia mondiale si basa sullo sfruttamento di risorse (limitate) e di persone che, invece, dovrebbero essere tutelate. Questa caratteristica del sistema non può portare alla realizzazione delle sue credenze di crescita perpetua. Paradossalmente, anche la dittatura cinese attualmente ha un bilancio in negativo, nonostante abbia sfruttato a proprio vantaggio la crisi del 2007 e non abbia subito l’influenza delle grandi banche americane.
Questo perfetto schema è la funzione moderna della società. Non rompere questo equilibrio significa sottostare a un paradigma che ci vuole schiavi, che si sorregge sugli schiavi stessi. La crisi di un qualsiasi sistema dovrebbe portare un cambiamento radicale. Vi chiederete: posso lasciare il lavoro salariato? Potrei sembrare incoerente, ma no; è necessario riprendere in mano le nostre vite e cercare di autoprodursi il necessario, di autorganizzarsi e di sabotare questa macchina distruttrice. Abbiamo l’obbligo di cambiare il processo in atto ancor prima di ritornare alla situazione di falso benessere economico.
Quali sono, allora, le alternative? Ripeto, l’autorganizzazione e l’autosufficienza, che dovrebbero essere il punto di riferimento di ogni individuo e comunità. Non possiamo pensare di distruggere un sistema di sfruttamento, che va avanti da migliaia di anni, in un anno od un giorno. Dobbiamo sfruttare questa ennesima crisi, per iniziare a cooperare e interrompere l’ingranaggio.
Dobbiamo iniziare a pensare come uomini liberi, autonomi e autosufficienti. Questo significa aiutare dove vediamo difficoltà, creare un’alternativa al lavoro salariato e alle autorità, qualsiasi esse siano. Significa che non useremo più il denaro? No. Significa che stiamo iniziando a ridurre l’uso di denaro e la dipendenza dal sistema? Sì. Purtroppo, siamo tutti abituati a risolvere i problemi subito, ed è su questo assunto di base che il sistema attua la sua propaganda. Risolvere subito i problemi attraverso scorciatoie quali il denaro. Vuoi una merce? La compri ora e puoi pagare subito o rateizzando.
Abbiamo l’obbligo di cambiare il sistema, che è ben radicato, quindi ci vorrà del tempo e bisogna iniziare da subito. Dobbiamo agire. Lunga la strada da percorrere, dura la lotta da sostenere.
Carlo Viandante