RIPENSARE LA SOCIETA’

“Solo quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo fiume avvelenato, vi accorgerete che non si può magiare il denaro”.

PER UNA SOCIETA’ ECOLOGICAMENTE SOCIALE
Produzione senza possesso: Ovvero come inventarsi un uomo a basso consumo, azione in equilibrio simbiotico con la vita e sviluppo senza predominio sulla natura.

Come si sa la natura non è una scena immobile. La natura è proprio la storia della differenziazione evolutiva che tende alla libertà e alla consapevolezza insite in essa. Ciò che conta è che tale tendenza può essere dimostrata, dall’esame dei fossili, dal fatto che le forme di vita esistenti derivano da quelle precedenti, dall’esperienza della stessa umanità. Inoltre, chiedersi quale sia il “posto della umanità” nella natura, significa riconoscere implicitamente che la specie umana si è evoluta come forma di vita in grado di costruirsi un posto nel mondo naturale, non semplicemente adattandosi ad esso. E questa non è un’idea partorita da una filosofia detta “Umanismo”, come vorrebbero certi “ecologi” misantropi. La specie umana col suo immenso potere di modificazione dell’ecosistema non è stata “inventata” dagli ecologi “umanisti”, che hanno deciso che la natura è stata “fatta” per servire l’umanità e i suoi bisogni. Il potere dell’umanità è emerso da ere di evoluzione e da secoli di sviluppo culturale. Il problema del “posto” che tale specie ha in seno alla natura non è più un problema di zoologia, riguardante la sistemazione tassonomica dell’umanità nel contesto di tutte le forme di vita, come era ai tempi di Darwin. Il problema “dell’origine dell’uomo” è considerato dai pensatori moderni altrettanto importante, che l’immani capacità possedute dalla nostra specie”.Per quanto la natura non umana sia precedente “dell’origine dell’uomo”, non è in grado di chiedersi quale sia il “Posto” dell’umanità, oggi, con buona pace di molti umanisti che amerebbero vedere l’umanità divenire una specie fra le tante, tutte partecipanti ad una cosidetta “democrazia della biosfera”. Per gli esseri umani chiedersi quale sia il “loro” posto nella natura significa chiedersi se il potere dell’umanità possa essere messo al servizio di una evoluzione futura o se al contrario, debba essere usato per distruggere la biosfera. Misconoscere la base sociale dei nostri problemi ecologici (per l’umanità non è un problema morale o sociale), celarla tra le maglie di mistiche interpretazioni primitivistiche e relazioni antirazionaliste, equivale letteralmente ad arretrare il pensiero ecologico (non ambientalista fine a se stesso) al livello primordiale di sentimenti da quattro soldi, usabili per i peggiori scopi reazionari – fascisti. Ma se tener presente la società è fondamentale per poter comprendere il senso dei nostri problemi ecologici, non per questo essa può essere vista come immagine statica ed autoritaria che osserviamo dai vertici di una torre accademica, dal balcone dell’attuale governo, o dalle finestre della sede di una grande multinazionale.
Anche la società proviene dalla natura, dando conto della socializzazione umana, della riproduzione quotidiana di tale processo e dello sfruttamento reale della natura e dell’uomo sull’uomo. fino ai nostri giorni.
Lo sfruttamento della natura, dell’uomo sull’uomo è una pratica antiumanista che serve ad aprire le porte esattamente a tutte le forze antisociali e antiecologiche che contrappongono la società alla natura e pretendono di ridurre il mondo naturale ad una semplice riserva di risorse.
Ben lungi la società dall’essere una scena immobile che permette agli elementi reazionari – fascisti – d’identificare la società esistente con la società come tale (allo stesso modo che oppressi ed oppressori vengono tutti riuniti in una singola specie detta Homo Sapiens e pariteticamente considerati come responsabili dell’attuale crisi ecologica), la società è invece la storia della sua evoluzione e delle molteplici forme e possibilità.
Sul piano culturale siamo il prodotto della nostra storia sociale, sul piano fisico siamo il prodotto dell’evoluzione naturale. Il mondo in cui le più semplici differenze tra fenomeni vengono ordinate gerarchicamente nella nostra mente, deriva da distinzioni socialmente ancestrali che autoritariamente risalgono ad un tempo troppo lontano, perchè possa essere ricordato. Conoscere il presente e costruire il futuro comporta una comprensione attenta e coerente del passato, un passato che ci condiziona in vario grado ed influenza profondamente le nostre idee dell’umanità e della natura. Sottolineo l’influenza che il passato esercita sul presente, prendendo in esame una delle posizioni fondamentali dell’ecologia sociale, oggi trasmessa all’attuale pensiero ambientalista ( in bilico fra l’esercizio del potere e il rifiuto del dominio sociale e naturale), che tutte le nostre idee di dominio sulla natura derivano dal dominio dell’uomo sull’uomo. Ribadisco che tale concetto, non è solo una visione storica della condizione umana, è anche una sfida alla nostra condizione contemporanea, con implicazioni di grande portata per quanto concerne la trasformazione sociale. Sul piano storico, essa afferma senza equivoci di sorta che il dominio dell’uomo sull’uomo è venuto prima di dominare la natura. Di conseguenza il dominio sulla natura “violentata” “pretende” il dominio dell’uomo sull’uomo. Non bisogna confondere l’ordine secondo cui il dominio si è presentato nel mondo e quindi l’importanza della sua eliminazione per raggiungere una società libera.
Ma per essere sicuri, bisogna eliminare entrambi i domini, poichè in caso contrario, l’esistenza di uno, menzionerà la sopravvivenza dell’altro.
Gli scritti di molti “progressisti”, oltre che di Marx, generano la convinzione che siano stati i tentativi di dominare la natura che hanno “condotto” al dominio dell’uomo sull’uomo, ma un simile “progetto” non è mai esistito negli annali di ciò che chiamiamo storia. Contestare l’uso di termini come “comportare”,”condurre”,”richiedere”, “presuppone” o “pretendere, come fa l’ecologia sociale, non è una pedanteria da Medio Evo.
Al contrario, il modo in cui tali parole vengono usate è il risultato di differenze radicali nell’interpretazione della storia e dei problemi ecologici che ci stanno di fronte. Una convenzionalità inutile è quella che il mito (fondamentalmente fascista) del dominio sulla natura “richiede”, “presuppone”,”comporta” o “pretende” il dominio dell’uomo sull’uomo (che pochi vogliono abbattere). Tale dominio implica la concezione che le diverse forme di dominio come le classi e lo stato,abbiano la loro ragione d’essere in condizioni e necessità economiche, e che la libertà possa essere ottenuta solo dopo aver realizzato “il dominio sulla natura” con la costituzione conseguente di una pseudo “società senza classi”. Il problema della gerarchia qui scompare misteriosamente, perdendosi nelle incertezze di idee confuse, oppure viene fatto rientrare in quello dell’abolizione delle classi, come se una società (naturalmente autoritaria) senza classi sia necessariamente una società senza gerarchia e senza stato.
Se accettiamo la concezione di Engels, e in un certo senso anche di Marx, dobbiamo ammettere che la gerarchia sia più o meno “inevitabile” in una società industriale, autoritaria, fascista e anche in un regime pseudo comunista. Di conseguenza l’ecologia sociale e la natura, evidenziano l’abolizione della gerarchia e dello stato, poichè la prima crea le classi e il secondo la loro appartenenza, con tutte le loro scelleratezze nefaste, sul sociale e sull’ecosistema. Grazie alla inutile convenzionalità sociale, la gerarchia vive in stati, in poteri e in classi che sono dei germi di repressione.
Nella società ecologicamente sociale è bandita anche la forma e la sua esistenza. E’ la forma che nelle società statali, autoritarie e classiste, stabilizza lo status-quo attuale ed è proprio la forma che allinea e caratterizza le differenze sociali di una classe verso l’altra, determinandone la propria ricchezza e povertà. Odiernamente, grazie allo status-quo, sia nella povertà che nella ricchezza, c’è una gerarchia da rispettare, poichè rispecchia la propria appartenenza.
Siccome l’ecologia sociale non riconosce la gerarchia e le sue forme, bandisce anche le categorie economiche, sociali e politiche che hanno permesso la crescita d’entrambi i domini.
Di conseguenza progressisti borghesi, conservatori, fascisti, Verdi, Ambientalisti, Centrosinistra (non vogliono modificare i rapporti di forza esistenti nelle società), si trovano sorprendentemente d’accordo nel ritenere che la gerarchia è indispensabile per l’esistenza stessa della vita associata (natura non umana è umanità), in quanto infrastruttura dell’organizzazione della stessa.
L’ecologia sociale contesta anche i termini come “credere”, “obbedire”, “combattere”, che ci hanno sempre insegnato e continuano a farlo ogni tipo di governanti, di militari, e quelli della sacra bottega (dal prete al papa), tutti parassiti che vivono agiatamente senza lavorare ne produrre.
Infine, dopo secoli di storia di minoranze che hanno lottato non per appropriarsi del potere, ma per cambiare la società, ingiusta perchè fondata sul potere e non sulla consapevolezza ecologicamente sociale, pretendere la realizzazione della medesima non è più un reato, perchè l’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’.

di Ortu Eseris

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L’autoproduzione urbana

Se decidessimo di non voler più sottostare alle leggi del mercato, se prendessimo atto che ciò che arriva sulla nostra tavola, attraverso il mercato moderno, è cibo avvelenato dalla chimica, dall’inquinamento e dai conservanti, se le persone non fossero schiave dei tempi disumani che la società, attraverso lavori sempre più esigenti, gli impone, si potrebbe produrre in casa, sul balcone, sul proprio terreno, cibo sano fatto dalle nostre mani o in alternativa sviluppare con attenzione una propria scelta alimentare e di acquisto guidata dalla ricerca di prodotti locali e genuini, senza costi aggiuntivi della filiera.
Ogni spazio, ogni vaso, ogni pezzo di terra può rinascere grazie a piccoli sforzi quotidiani, grazie anche a chi non sa da dove partire, con un poco di impegno le soddisfazioni sarebbero grandi, nel momento in cui il raccolto si troverà sulle nostre mani, il prodotto del nostro lavoro, della nostra cura.

Invitiamo tutte le persone a sperimentare e sperimentarsi nella produzione di cibo, di spezie e di quant’altro, nella ricerca dei giusti semi, puliti e naturali, nel rispetto per se stessi e la propria salute e nella salute del pianeta e delle nostre città. Ogni pianta, ogni albero, ogni creatura verde da a noi vita e dona pulizia alla nostra aria e a quella, soprattutto, dei nostri figli, piccoli ed indifesi.

La gerarchica situazione sociale attuale non sarà mai priva di piramidi di comando finchè ognuno di noi non cercherà la tolleranza nel prossimo e  pretenderà di essere migliore o superiore del prossimo.

Fuggire dal vortice del lamento quotidiano è un dovere di ogni cittadino, di ogni compagno, di ogni fratello che dentro di se sa bene qual’è la strada ma che o non riesce a percorrerla o ne ha paura.

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